Blog ‘n’ Book
Chia Settembre 24, 2012
Eccoci ad un nuovo appuntamento con il mondo della lettura curato dalla nostra Giuliana, che ogni settimana ci consiglia un libro e ne boccia un altro..
Chiedo perdono a Khaled Osseini perché paragonerò il suo libro “Il cacciatore di aquiloni” a quello scritto da Massimo Gramellini, “Fate bei sogni”. Entrambi i libri trattano un argomento molto triste, la perdita di un caro.. e che sia una madre, un amico, un padre o un fratello, le dinamiche purtroppo sono le stesse.
Osseini narra la storia di due piccoli amici, Amir e Hassan, cresciuti insieme nella città di Kabul. Hassan e il padre Alì, di razza Hazara, lavorano presso la famiglia di Amir e il padre Baba, di razza Pashtun. Amir è molto geloso della considerazione che il padre Baba riserva al piccolo Hassan. Un giorno, compiuti i 12 anni, i due amici, partecipano alla caccia degli aquiloni. Il gioco, consiste nel riuscire a tagliare per mezzo del proprio aquilone il filo di quello degli altri e riportare l’aquilone vinto come trofeo. I due amici riescono a vincere la competizione, e Amir finalmente riesce a guadagnarsi il rispetto del padre Baba, ma per portare a termine il gioco bisogna possedere l’aquilone vinto… Hassan s’incarica di cacciare l’aquilone ma rimasto solo è violentato da tre ragazzi che odiano la sua etnia. Amir assiste di nascosto allo stupro di Hassan, ma sia per paura sia per la voglia di ritornare dal padre con l’aquilone, non difende l’amico. I sensi di colpa di Amir subentrano nell’amicizia istantaneamente. Amir, non riuscendo più a guardare negli occhi il suo piccolo amico, decide di fare allontanare la famiglia di Hassan inscenando un furto di orologio. Nel 1891, Amir e il padre Baba, sono costretti a lasciare Kabul per l’invasione sovietica e raggiungono la California. In California Amir s’innamora e sposerà Soraya, figlia di un generale Afgano.Nel 2001 un vecchio amico di Baba chiama Amir, e gli chiede di ritornare a Kabul, perché deve sapere qualcosa d’importante su Hassan. Hassan, purtroppo, è morto per colpa dell’odio razziale dei Talebani. Da quel momento la vita di Amir cambierà completamente.
Massimo Gramellini in “Fate bei sogni” racconta la storia della sua vita. A 8 anni perde la madre e il ricordo dell’ultimo momento vissuto insieme è della madre che si reca nella sua cameretta mentre dorme per rimboccargli le coperte. Ripercorre, attraverso la narrazione del libro, la sua adolescenza, dal bisogno di trovare un altro punto di riferimento femminile; al bisogno di avere un momento di affetto con il padre; al suo primo esordio come giornalista; al suo grande amore; A 50 anni scopre la verità sulla morte della madre, celata per 40 anni all’interno di una busta. Gramellini dovrà ripercorrere nuovamente il suo dolore e ritrovare un equilibrio.
Data la premessa è inutile dirvi quale libro promuovo. Il problema è perché boccio il secondo. Entrambi gli scrittori affrontano una tematica molto dolorosa, come vi avevo scritto sopra, la perdita di una persona a noi cara. Se è vero che Osseini ha inventato una storia di due amici che evidentemente non esistono nella realtà, è pur vero che ha raccontato in modo assolutamente commovente una storia veritiera della sua patria d’origine, L’Afganistan. Se leggerete il libro, non potrete fare a meno di comprarvi assorbenti interni per limitare il lago creato dalle lacrime, vestirvi a lutto per la morte di Hassan, e sentirvi depresse per una ventina di giorni. Le stesse emozioni mi aspettavo dalla lettura di “Fate bei sogni”. Quello che mi ha maggiormente stupito è che lo scrittore non mette a nudo la propria anima, tediando il lettore con la figura del “brutto mostro” di quando era piccolo e continuando a tediarla scrivendo frasi qualunquiste.
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