Anche dalla prigione, il re dei paparazzi fa sentire la sua voce. Dopo la lettera a Belén Rodriguez, è stata pubblicata anche la lettera che Fabrizio Corona ha scritto alla sua ex moglie Nina Moric: "Da quella prima volta nel 2007 siamo stati tante volte davanti al giudice. Lo scandalo Vallettopoli aveva spazzato via tutte le speranze della nostra "grande" storia d'amore. Ma non potrò mai dimenticare quando da una cella mi hanno urlato: "Fabrizio, tua moglie ha chiesto il divorzio!". Ho risposto: "Ma va, è roba vecchia", ma ero stranito. Poco dopo, dalla tv sento la notizia: "Nina Moric: voglio il divorzio". Cinque minuti dopo mi contatta il mio avvocato, che dice: "Ha chiesto la separazione, tutto ok". Avrei voluto urlare e scappare per chiedere spiegazioni, ma sono rimasto in un angolo a bere e fumare. Avevi tutte le ragioni, ma dopo la morte di mio padre, l'arresto, il sequestro di beni e la chiusura cautelare della mia società, è stato un colpo troppo forte e tu potevi aspettare. Dopo tutte le liti, però, oggi rifarei tutto perché quello che conta sono i momenti di amore che abbiamo trascorso. La prima volta che ti ho vista avevi 23 anni, bella da far tremare le gambe, ti volevo più di ogni altra cosa. Non avevo niente da offrirti, ero un aspirante giornalista, tu eri la più bella e la più desiderata. La nostra passione, dopo esserci baciati e aver fatto l'amore, era irrefrenabile. Il nostro rapporto non è stato dei più normali dall'inizio, con tante liti, ma c'era tanto amore e la paura di perderci. Oggi sono convinto che non esiste più "Fabrizio", c'è solo "Corona", ma non esiste più nemmeno "Nina". Se dovessi raccontare la tua purezza, come quando dopo il calendario per Max piangesti per la vergogna, non ci crederebbero. Volevo fossi orgogliosa di me e garantirti la favola, così mi sono drogato di lavoro. La tua voglia di convivere, poi il matrimonio, l'arrivo di Carlos, la mia smania di riuscire a diventare qualcuno, la fortuna-sfortuna di avere tutto subito, i soldi, maledetti. Quando la Corona's ha cominciato a fruttare, ho iniziato a perdere te e tante altre cose. Tu combattevi con i tuoi problemi, alla ricerca dell'amore idilliaco, io non c'ero più; tornavo a casa tardi e uscivo sempre più presto. Un disastro come marito e padre. Era diventata competizione, quella del mondo luccicante di Lele Mora. Quante bugie ho dovuto dirti, alcune a fin di bene, altre dovute al fatto che con la testa non c'eri più e non avevi più quella dolcezza. Avrei voluto recuperare: ricordi quando dicevo: "Altri due anni e ce ne andiamo via, a Los Angeles?". Ma non ci siamo riusciti: mi hanno fermato, e tu hai rovinato tutto con quelle dichiarazioni. Dopo un mese avevi cambiato idea e sei venuta a trovarmi in carcere. Uscito dal carcere, sei stata l'unica che non ho voluto nominare. Gli arresti domiciliari in casa insieme sono stati una tragedia: litigate continue e volevi mettere in scena una finta separazione, che poi ho sbugiardato. Ho sempre lottato per non far finire il nostro rapporto, senza capire che era sbagliato stare insieme per abitudine e per paura della solitudine. Abbiamo condiviso tante cose, una su tutte Carlos, che ha pagato le vere conseguenze del nostro rapporto conflittuale. Capire come faccia a essere così perfetto con due genitori come noi è un mistero. La nostra storia non è finita per colpa di Belén, era finita prima. Avremmo dovuto dirci addio tempo addietro, per evitare tutto ciò che è successo dopo: la tua situazione mentale e fisica, i tuoi gesti folli, le tue strane relazioni. Ti sei buttata via, ma io ho sempre sofferto per te, anche quando avevo una nuova compagna, come le ultime volte che sei stata male e sono venuto in ospedale. Ma tu non cambierai mai e io ho deciso di dire basta! Quel 14 febbraio, in tribunale, hai cominciato a piangere, a urlare, a sputarmi addosso ogni brutto ricordo con la rabbia repressa che avevi dentro, senza preoccuparci di dove fossimo e che fossi stato appena condannato a 7 anni e 10 mesi. Dopo che ho firmato l'affidamento esclusivo, ti sei calmata. Mi hai promesso che il sabato dopo avrei rivisto Carlos, e io ti ho detto: "Per te ci sarò sempre, anche da qui. Tu pensa a guarire. Io, nonostante tutto, sono più sereno di te". Ma le tue interviste successive sono state vergognose e cattive, e poi la scelta di non farmi vedere mio figlio...Ti sei rivelata per quello che sei, ovvero una persona egoista. Non meriti più niente e non ti giustifico più. Sapere che sei stata mia moglie oggi mi fa sentire un fallito". A queste durissime parole, l'ex naufraga ha deciso di rispondere: "Per me è sempre stata una sofferenza, mi chiedo quando riuscirò a rifarmi una vita e dimenticare tutto, ma è impossibile, perché abbiamo un figlio insieme, ed è per lui, che non possiamo considerare tutto questo un fallimento". Ripartendo da Vallettopoli e dal 2007, Nina si giustifica: "Avevo scoperto tutti i tradimenti, è stata la goccia finale. Soffrivo già per la fine del nostro amore e per la situazione giudiziaria e cercavo l'amore infinito, incondizionato. All'inizio, credevo di averlo trovato in te. Poi sei entrato in competizione, non volevi essere "il marito di Nina Moric," ma "Fabrizio Corona". Chiesi la separazione perché uscire da quella storia era il mio biglietto per la libertà: non c'eri più tu e nemmeno più io. Tu dici di esserci sempre stato: è vero, quel giorno eri in ospedale, ma il giorno dopo eravamo sui giornali. Avevo bisogno di sentirti vicino e l'ansia che finissi in carcere. Lasciamo stare le polemiche per le visite di Carlos: ho atteso il permesso della psicologa e rispettato le regole del Tribunale e alla fine hai potuto vedere tuo figlio: è la prova che non ti farò mancare il suo affetto. E' vero, ho le mie colpe, ma le mie erano solo ripicche: quando hai cominciato a vedere Belén, vivevamo ancora insieme. Anche se non c'era più amore, mi ha ferita vederti sulle copertine e trovavo di pessimo gusto i dettagli sulle notti con lei che raccontavi. Quando ci siamo incontrati in tribunale, quel 14 febbraio, ho perso la pazienza, è vero. I nostri avvocati litigavano per soldi e io non potevo stare lì per ore, ho una dignità. Quel giorno in tribunale ti ho abbracciato stretto, perché non meriti di stare senza libertà. Sembra che si siano invertiti i ruoli: sputi su di me, come io facevo su di te...E non è un bel sentimento. Dobbiamo tenere il buono che c'è stato. Ho sbagliato a parlare tante volte di te e mi dispiace. Ma non ti abbandono in questo momento. Ti auguro di uscire dal carcere e ritrovare la tua vita".