( rubrica a cura di Valentina P.)
Salve a tutti! Sanremo time. Per me, tempo di ricordi, nostalgie e paturnie esagerate. Per quanto io adori il Festival, e nello stesso tempo reputi la carriera di Marco quasi del tutto avulsa dalle sue vicende sanremesi, non riesco (più) a godermi le edizioni senza fare una quantità esagerata di paragoni e costruirmi aspettative (puntualmente disattese). Per dirla in soldoni: dopo il 2010 (e ancor più il 2013) faccio una fatica immane a non leggere in scaletta il nome di Marco Mengoni, e ancor più ad apprezzare gli stili interpretativi e le “doti” canore di oltre il 70% dei partecipanti alla kermesse. Quest’anno poi Tiziano Ferro ha aperto la manifestazione con un tributo a Luigi Tenco, servendomi il primo confronto diretto su un piatto d’argento (P.S. W l’originalità!). Per la cronaca, Ferro si è esibito sulle note della struggente “Mi sono innamorato di te”, visibilmente coinvolto dal pezzo. Ma signori miei, ricordate “Ciao Amore Ciao” cantata da Marco in quel venerdì sera di febbraio? A mio parere, quello è stato il giorno in cui il Mengoni ha dato una svolta alla sua carriera, passando dallo status di talentuoso e controverso vincitore di un talent - dalle alterne vicende discografiche - ad artista affermato del panorama italiano, apprezzato in maniera trasversale da pubblico e addetti ai lavori.
Sono passati 4 anni, ma io ancora trattengo il fiato durante l’intero arco della performance, e penso che se esiste un concetto di perfezione interpretativa, ebbene, eccolo. Un gigante sul palco dell’Ariston. E già che siamo in argomento “serata dei duetti”, chi si ricorda la stilosa scelta di Marco a Sanremo 2010, quando propose la sua “Credimi Ancora” accompagnato dai Solis String Quartet, anziché optare per un duetto “gigione” con qualche collega più blasonato?
Anche in quella circostanza, il nostro si distinse nettamente durante la kermesse, non tanto per le scelte interpretative, quanto per lo stile, unico e innovativo (almeno in Italia). E in un panorama artistico di cloni, cantanti “convenzionali” e fatemi dire un po’ privi di caratteri distintivi, Marco rappresentò una novità, in quella triste edizione vinta dal giovane/vecchio Valerio Scanu e i suoi laghi.
A prescindere da queste valutazioni di natura qualitativa, resta un fatto: l’ultima delle due partecipazioni del Mengoni al Festival ha segnato una sorta di ricongiungimento tra la “storia” musicale della kermesse e quella della musica italiana. Dopo anni in cui si faceva fatica a ricordare il podio delle varie edizioni, e raramente (cioè mai) una canzone vincitrice primeggiava nel mercato discografico, il 2013 ha visto il ritorno del brano trionfatore di Sanremo ai primi posti delle classifiche di vendita, e delle hit parade radiofoniche. Con la sua “L’essenziale”, Marco ha vinto e ha fatto vincere al Festival una guerra di popolarità che ha rilanciato la kermesse in Italia. Se vi sembra che stia esagerando, guardate quanto è cresciuta l’attenzione mediatica verso la gara musicale e la manifestazione in generale negli ultimi 4 anni. Guardate come si è “svecchiato” il parterre dei partecipanti, e quanto il Festival sia tornato a essere un veicolo per il lancio di nuovi progetti discografici - e non solo un revival di vecchie glorie tirate fuori dalla naftalina per una settimana all’anno. Meditate gente, meditate… Vi lascio con questo:
Alla prossima!