Perché non lo ha denunciato?In realtà da subito, da quando ho iniziato a frequentare questa persona. Ho conosciuto il dolore di un amore malato, il dolore fisico e mai quella bolla di felicità che aspettavo e aspettavo. Nella mia testa ho sospeso questo amore in due fasi: “On” e “Off”. Quando era “On” aveva gli occhi buoni e mi permetteva di sognare una famiglia e un futuro insieme. Quando era “Off” i suoi occhi si trasformavano. E subito sono iniziate le botte. Ogni oggetto a portata di mano, delle sue mani, era utile per colpirmi. Io dentro di me dicevo a me stessa: “Va bene così, si calmerà, forse lo posso salvare o aiutare in questo modo, subendo...”.
Insomma, annullavo me stessa mentre ero sottoposta a ogni tipo di umiliazione, che avveniva sempre in due fasi: la prima a parole, la seconda fisica. Ma io lo amavo. A volte riuscivo a fermarlo usando il cellulare per riprendere tutto e minacciando di denunciarlo. Ma le volte in cui ho vinto io sono state rare. Ho quasi sempre perso.
Francesca De Andrè ha poi raccontato quando è riuscita a scappare:Non lo denunciavo perché lui aveva già in atto delle misure “sospensive” con la legge, altre denunce. Pensavo: proprio io lo devo mandare dentro? Sono così cattiva da fare questo? Mi autoincolpavo, ecco, dicevo a me stessa “proprio io devo fargli del male?”. Io lo volevo solo salvare, cercavo disperatamente il suo lato positivo e volevo valorizzarlo.
Riguardo alla sua famiglia:Circa due settimane fa, dopo la sua ultima fase “Off” in cui mi ha colpito, picchiato anche mentre ero a terra incosciente. Non appena ho ripreso i sensi, la mia vicina di casa, che aveva sentito le urla, mi ha salvato: mi ha portato da lei e, spaventata, ha chiamato Carabinieri e ambulanza. Ma anche lui li aveva chiamati, per coprirsi le spalle. Il comandante Massimiliano De Luca, al quale devo tutto, ha capito immediatamente la situazione. In quel momento è successo il delirio. Lui è scappato da dietro casa, nel bosco, portando con sé il mio cellulare dove c’erano le prove di altre aggressioni.
Non volevo denunciare, ma questa volta, l’ultima volta, la denuncia era d’ufficio poiché è stato colto in flagranza di reato. Poi lo hanno preso e io sono finita in ospedale in codice rosso. Dapprima mi hanno diagnosticato venti giorni di prognosi: e questo è stato un dramma, perché sotto i ventuno giorni lui non lo potevano trattenere in custodia. La Tac alla testa, però, ha evidenziato un trauma cranico, e poi c’era il corpo completamente tumefatto. Ero irriconoscibile. I capi di accusa sono così aumentati e spero che la legge lo spedisca diritto diritto in carcere, dove gli auguro il peggio. Perché uomini così la devono pagare!
Ma quale famiglia? Quelli che mi hanno “affidato” al Comune di Milano, in un orfanotrofio? Sono sola. Cerco solo un tetto, sogno la stabilità. Una stabilità che non ho mai avuto. Provavo a costruirla con lui e sono caduta. Mi creda, io sono forte; non sono debole. Lo sono stata, non lo sono più... per tornare a camminare dopo la violenza subita ho impiegato una settimana grazie ai miei amici Daniele e Cristiana.
Prima o poi smetterò di cercare quello di cui mi hanno privato da quando ero piccola. Forse...