Gf Vip 7, Marco Bellavia parla per la prima volta del suo disagio vissuto all’interno della Casa
Il mental coach si è raccontato tra le pagine del settimanale Chi
Valeria Ottobre 11, 2022
Uscirà domani in edicola il nuovo numero del settimanale Chi che vedrà in copertina Marco Bellavia insieme al figlio di 15 anni.
Per la prima volta, in anteprima assoluta l’ex Vippone si è confidato e raccontato a cuore aperto. Ha parlato dei suoi demoni, delle sue ansie, della sua esperienza lavorativa e del suo passato. Prima di tutto ha iniziato raccontando del particolare legame con il figlio:
È stato il mio punto di riferimento in questo mio percorso di vita che è come un puzzle che ha il suo volto. Quando mi sono lasciato con sua mamma ho vissuto il fallimento e mi sono fatto delle domande. Mi sono detto: “A cosa serve la mia vita?”. E mi sono dato la risposta: “A crescere mio figlio”. Ho fatto cose belle, ho fatto un bel lavoro che la gente ricorda. Nel 2007 ho ricominciato a studiare e lo sto facendo di nuovo, proprio per rispondere alle domande di tutti.
Poi, Marco Bellavia ha parlato anche del suo disagio vissuto all’interno della Casa del Grande Fratello Vip:
Il mio punto debole nel lavoro è stata la sensibilità e io mi sono difeso sorridendo e cercando di mantenere un distacco, mi paravo dietro a questo muro per nascondere le mie debolezze. Ma poi, quando mi sentivo penalizzato o messo da parte, reagivo in modo aggressivo. A Mediaset, ai tempi, ho litigato con tutti, persino con i dirigenti: giocavamo a calcio insieme e a volte ci si scontrava durante le partite.
L’ex gieffino ha anche parlato di una delle sue grandi storie d’amore, quella con Paola Barale:
Lei lavorava a La ruota della fortuna, io a Bim bum bam. Eravamo belli. Dopo tre anni è finita perché eravamo giovani, dovevamo fare le nostre esperienze. Dicevano che mi avesse lasciato perché era diventata più famosa di me, ma non era così. Avremmo dovuto anche sposarci, io le ho regalato un anello e lei mi ha regalato una Harley-Davidson. Poi ha sposato Gianni Sperti.
Il mental coach in quegli anni ha fatto un balzo professionalmente:
In quegli anni per me era impossibile non montarsi la testa. Ho fatto disastri. Prima di Love me Licia non mi conosceva nessuno, dopo avevo 500 ragazzine sotto casa. Eravamo famosi come Eros Ramazzotti, come Gianni Morandi. Con i Bee Hive (il gruppo musicale del telefilm, ndr) riempivamo i palazzetti. Sono andato al concerto degli Spandau Ballet e, quando alcune ragazze mi hanno riconosciuto, è partito un boato: sono dovuti intervenire i poliziotti per portarmi al sicuro, è successo il finimondo.
Il settimanale Chi ha poi chiesto a Bellavia perché il disagio psichico sia ancora un tabù quando in realtà si parla tanto di inclusione, di bullismo, di body shaming, di disturbi alimentari, di orientamenti sessuali:
Sono tutte facce di un disagio che si è deciso di scomporre, ma il problema iniziale è sempre lo stesso: paure nascoste, mancanze, fragilità, insicurezze, scelte sbagliate. Il disagio, che sia sulla sessualità, sull’aspetto fisico, sulla percezione di sé, è lo stesso. Non c’è paura a dire “sto male”, è che la gente non ascolta perché stanno male tutti. Dopo il Covid, la guerra, il pericolo atomico, come si fa a restare sereni? Siamo terrorizzati, quante sono le persone equilibrate? Come diceva Signorini in tv citando Carl Jung: “Mostratemi un individuo sano di mente e lo curerò per voi”. La gente ti isola quando non puoi esserle d’aiuto.
Infine, Marco Bellavia ha così concluso la sua lunga intervista:
Spero che la mia storia sia d’esempio. La gente mi ferma parlando dei propri dolori. Se ti dicessi che sono entrato nella Casa sperando che potesse venire fuori questo problema ci crederesti? Ma non ho deciso di stare male: ho provato disagio e ho vissuto davvero quello che avrei voluto solo raccontare rispetto al mio passato.
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