Giorgia Soleri a cuore aperto: “Ho tentato il suicidio, ero depressa ma non lo sapevo”. E poi ha raccontato come si è salvata

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Giorgia Soleri è una delle influencer più seguite e anche discusse degli ultimi anni e non solo per essere la fidanzata di Damiano David dei Maneskin. Nonostante la sua giovane età, si è fatta portavoce di chi soffre di dolore cronico. Non è solo selfie, outfit da sfoggiare e trucco e parrucco, la Soleri, che ha conosciuto la sofferenza fin da piccolina, usa i suoi canali social per parlare di vulvodinia, ansia e depressione.



La sua è un'immagine fresca, sbarazzina, anche simpatica, lontana anni luce da quella bellezza photoshoppettata, o meglio filtrata, in voga su Instagram. Di recente, Giorgia Soleri ha rilasciato un'intervista a cuore aperto sulle pagine del Corriere della Sera.

Nel corso dell'intervista, l'influencer ha confessato perché ha intitolato  il libro di poesie La signorina Nessuno:



È un personaggio che mi tiene compagnia da anni. Quando la mia relazione non era ancora nota, io, in fondo, ero la signorina Nessuno. E nelle poesie parlo di solitudine e di amore, di dolore e di cose riacchiappate per un soffio. Oggi un nome ce l’ho, e posso dire che c’è anche tanta codardia in quel soprannome.

Avevo paura a chiamare le cose con il loro nome. Vulva, per esempio. Oggi pronuncio e scrivo questa parola, ma non è stato facile diventare amica del mio corpo.



Un corpo che oggi è diventato uno strumento per portare avanti diverse battaglie:

Ho cominciato a fare la modella a sedici anni per pagarmi le attrezzature fotografiche. Ho sempre voluto fare fotografie e scrivere. Ripenso a quel periodo con un brivido. Vivevo male il mio corpo, lo sentivo come qualcosa che dovevo “vendere” per lavorare. Poi è arrivato il dolore. Lancinante, terribile, che parte dalla vulva e si irradia alla vescica, notti senza sonno e nessuno che ti prende sul serio. “Ho la cistite”, dicevo. E quelli accanto a me, con sarcasmo: “Ancora?!”. Quando è arrivata la diagnosi sono uscita dallo studio del medico e ho cominciato a piangere.

Sulla vulvodinia, di cui soffre da tantissimi anni:

Non è facile raccontarsi quando si possiede un corpo che è, al tempo stesso, molto bello e portatore di un dolore fisico indicibile. Mi sono operata nell’estate del 2021 per l’endometriosi e per un po’ sono stata bene. Poi qualche tempo fa, il dolore è tornato. Feroce. Sono rimasta a letto per settimane, le amiche facevano i turni per sollevarmi a braccia per farmi andare in bagno o per farmi mangiare. E allora ecco i farmaci. Oppioidi, fortissimi. Avevo le allucinazioni. Ora va meglio, ma so già che dovrò fare i conti con questo per sempre.

Giorgia Soleri ha avuto un'infanzia non felice:

Difficile. Nata a Milano, i miei si sono separati che avevo quattro anni. E si sono separati male: mio padre aveva dei problemi (che poi ha risolto), mia madre ha chiesto l’affido esclusivo. Io nel mezzo. Cresciuta senza vedere mio padre per anni, mi ero quasi rassegnata quando, qualche settimana fa, lui si è presentato a sorpresa alla presentazione del mio libro. Non credo che si debba parlare di perdono ma di comprensione. I genitori non sono supereroi ma persone normali, che sbagliano, che soffrono, che hanno diritto a essere capiti come uomini e donne.

Ad aiutarla, la psicoterapia:

Più tardi, ma è stata utile per fare luce sulle mie ombre. Oggi comprendo che è tutto collegato: la depressione di cui ho sofferto, il dolore, l’ansia di libertà, l’aborto a 21 anni, il percorso femminista. Oscillo tra il buio e la luce, tra l’istinto a nascondermi e quello a liberarmi, anche dei vestiti. Certo, nel 2017 ho toccato il fondo e mi sono salvata per il rotto della cuffia.

Nel corso dell'intervista, Giorgia Soleri ha rivelato di aver anche tentato il suicidio:

Ho tentato il suicidio. Ero depressa ma non lo sapevo, come capita a tante persone. Anche la depressione ha i suoi segnali ma possono essere diversi da persona a persona. Io stavo sempre a letto, quello che mi avrebbe potuto stimolare non lo faceva più. Poi ho provato a togliermi la vita. Ero arrivata al punto zero, potevo solo risalire o soccombere. Mi ha salvata mia madre: l’hanno avvisata, è venuta a prendermi, mi ha portato a casa sua e sono rimasta lì due mesi. Di nuovo farmaci, speranze, qualche illusione. Il malessere che poco per volta cede il posto a una forma di lucidità. Quanto vorrei che questi miei racconti fossero utili a qualcuno. Mi hanno accusata di speculare sulla mia malattia, me ne hanno dette di ogni. Ma quando arriva una ragazza che mi scrive “Grazie a te ho dato un nome al mio dolore” allora scompare tutto.

Quando le hanno chiesto come ha conosciuto il suo fidanzato Damiano David dei Maneskin

Non lo sa nessuno e non lo dirò. Lo spazio privato per me ha ancora un valore.