Entrata quasi in sordina nella Casa del Grande Fratello a inizio febbraio, Simona Tagli ha ben presto sconvolto gli equilibri comunque già precari. Vulcanica, energica, la conduttrice televisiva e iconica showgirl degli anni 90 è riuscita ad arrivare all'ambitissima finale, classificandosi poi al quarto posto.
Sulle pagine di Chi, in edicola da oggi, la Tagli ha parlato della sua esperienza nel reality show di Alfonso Signorini, raccontando di aver sempre seguito più il cuore che la ragione:
Mi ha guidato il cuore più che la ragione: vedevo Beatrice Luzzi come la mamma anaffettiva, i ragazzi. Sono molto attenta alla genitorialità, dunque sono entrata pensando di sostenere i ragazzi, invece ho percepito un sussurro di aiuto da parte di Beatrice, l’ho trovata ferita.
Le due sono diventate subito amiche, anche se poi l'attrice romana ha fatto il nome di Simona quando il conduttore in SuperLed ha chiesto ai concorrenti chi avrebbero voluto fuori dalla finale. All'epoca Bea si era giustificata asserendo di aver fatto il suo nome in quanto stava nella Casa solo da un mese e mezzo.
La Tagli ha ammesso di esserci rimasta male:
Male, ma non tanto per me, alla fine forse Beatrice non è stata lucida e strategica. E poi mi è dispiaciuto per lei, doveva vincere.
Simona non ha pensato “ben ti sta” neanche per un attimo:
No, perché ho visto una dinamica di gruppo… Erano tutti schierati contro di lei.
L'ex gieffina ha confessato cosa voleva ottenere dalla partecipazione al reality show:
Forse, semplicemente, volevo farmi rivedere.
So solo che non ho voluto portare la Simona Tagli con sulle spalle quel successo cristallizzato nel tempo. Il tempo è proprio un’astrazione, sa.
Diciamo che in Casa ho voluto portare me stessa, la mia esperienza, ho pure tagliato i capelli a tutti. Nessuno prima del Gf aveva guardato al di là della minigonna, oltre il cruciverba. Non mi sono mai percepita chiusa in quel ruolo, però la tv ti ci fa sentire, quindi, non rinnegando mai quello che ho fatto, per me il Gf è stata un’occasione eccezionale.
Come raccontato nel corso di una puntata del programma, la Tagli ha avuto dal punto di vista personale un passato molto drammatico. Per via della sua professione ha rischiato di avere più accanto a sé sua figlia. A un certo punto era arrivata anche a rinnegare il suo lavoro:
Sì, quando si decideva dell’affidamento di mia figlia Georgia: mi sono ritrovata in una situazione giuridica dove sono stata fortemente penalizzata come donna di spettacolo.
Mi sono messa da parte come donna di spettacolo e anche come donna - il che, certo, è inammissibile nel segno dell’emancipazione - però in quel momento dovevo difendere non un mio diritto, ma quello di mia figlia di avere vicino la sua mamma.
Non ne dà comunque colpa al padre di sua figlia, Francesco Ambrosoli:
No, assolutamente, il fatto è che io e Francesco eravamo una coppia di fatto. Come tali, per noi c’era non il tribunale ordinario, ma quello dei minori. E lì la sensazione è che i figli non ti appartengano più.
Sul fronte Georgia eravamo compatti, io e lui eravamo andati dal giudice per organizzare il suo tempo, ma… Insomma, a me è successo di essere stata messa in dubbio come mamma perché lavoravo in televisione.
Lavoro e figli si dovrebbero conciliare perché una cosa non esclude l’altra, ma per me lì non era il momento di fare una battaglia, avevo un’altra priorità. Georgia aveva 16 mesi, era un momento molto delicato, è terribile per una mamma di una bambina così piccola razionalizzare l’istinto per dimostrare di essere una madre perfetta.
Intanto, né io né Francesco in seguito ci siamo mai sposati o abbiamo avuto altri figli. Da separati, siamo riusciti a condividere spazi importanti per amore di nostra figlia: messa in chiesa insieme, pranzo la domenica insieme… Tornando al processo, è durato tre anni e siamo finiti in Corte d’appello.
Il primo anno la vedevo tre pomeriggi alla settimana e a weekend alternati; in quel periodo, ricordo, mi sono totalmente annullata perché i figli vengono prima di tutto, prima di noi, è l’istinto, altrimenti si estinguerebbe la specie. Il secondo anno la vedevo ogni giorno, il terzo è tornata definitivamente a casa con me: le mie preghiere erano state finalmente esaudite. Alla fine sento di essermi conquistata questa maternità e il mio processo, mi dicono, è stato un caso unico nei tribunali.