Morena Martini di Amici 3: “Il mio uomo mi picchiava per indurmi ad abortire”
Edicola Ottobre 2, 2013
“Sai, c’è una legge che ti obbliga a pagare gli alimenti, ma non ce n’è una che ti obbliga ad amare un figlio”. Queste sono le parole che mi echeggiano ancora nella mente”, racconta Morena Martini, che fu concorrente della terza edizione di Amici. “Questo è quello che mi disse Emanuele, il mio ex, infermiere romano. Io non cerco pubblicità, voglio solo far sapere alle donne che è possibile uscire da una situazione molto difficile senza soccombere. Tutto ha avuto inizio un anno fa, quando conobbi Emanuele. Rimango subito colpita dai suoi modi galanti e cavallereschi. Il suo atteggiamento da macho misto a dolcezza mi conquista. Condividiamo anche l’arte del canto, perché io sono una cantante soul, lui heavy metal, e andiamo a convivere. Dopo un mese cominciano le prime liti, perché lui è gelosissimo. Non sopportava che io incontrassi le celebrità che spesso incontravo. Poi dalle liti sono arrivati i primi spintoni. Ho cercato di non subire, ma lui mi bloccava con le prese di kung fu. Però c’erano ancora momenti di dolcezza: io sono già mamma di una bimba avuta dal primo compagno e lui era già papà e spesso trascorrevamo del tempo come un’unica famiglia. Lui ha detto di volere un figlio da me, anche davanti agli amici e l’ha voluto con tutte le forze. Io ho smesso di lavorare e diventavo sempre più dipendente da lui. Ma i litigi continuavano ed io avevo deciso di lasciarlo. Ho rimandato a causa di problemi di salute che mi hanno costretta in ospedale, ma una volta ci fu una lite anche nell’ascensore. Un giorno, a gennaio, lo raggiunsi sul posto di lavoro per dire che era finita. Un dolore mi colpì all’improvviso al basso ventre e lui mi portò all’ospedale, dove mi hanno diagnosticato la gravidanza. Lui non fu felice di aver raggiunto il suo obiettivo, anzi, divenne ancora più freddo e distaccato”. Da quel momento lui prova a convincerla ad abortire e quando non ci riesce, ci prova più volte lui, con la violenza. La porta in vari ospedali, dove però non le permettono di abortire perché non ha dei certificati. Il tempo passa e lei va oltre il limite di tempo consentito. “Poi, in un momento di forte disperazione, sono andata a Milano, dove un amico aveva trovato una clinica per abortire. Però durante l’ecografia ho visto quell’esserino muoversi e sono scoppiata a piangere e ho deciso di rinunciare. Ho telefonato al padre biologico e lui, dicendomi che aveva già due figli da accudire, mi ha detto che la responsabilità era solo mia. Tornata a Roma, ho danneggiato l’auto di Emanuele e per placare i nostri animi è servito l’intervento della polizia e lì ho trovato la forza di denunciarlo. Mi sono rivolta all’avvocato Carlo Taormina, ho perso lavoro e soldi, ma mi consola il pensiero che tra poco abbraccerò il figlio per il quale ho lottato”.
Fonte: Visto
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