Secondo classificato alle spalle della ballerina Giulia Stabile nella scorsa edizione di Amici, reduce dal quinto posto al Festival di Sanremo condotto da Amedeus, Sangiovanni ieri sera è stato protagonista di un intenso monologo a Le Iene.
Il giovane cantautore ha emozionato il pubblico aprendo il suo cuore nel raccontare i motivi che l'hanno spinto a fare musica. Musica che è stata un po' la sua terapia, un mondo dove rifugiarsi e dar voce ai suoi pensieri, quando intorno a lui nessuno voleva ascoltarlo né capirlo.
La musica ha teso a Sangiovanni quella mano che nessuno è stato capace di tendergli e l'ha fatto volare. Poi ecco arrivare il successo, e con sé tutte le ansie che sembravano essere svanite.Ho iniziato a fare musica perché nessuno voleva ascoltarmi. Parlavo e nessuno capiva. Così ho iniziato a mettere in musica i miei pensieri. È stata la mia prima terapia: finalmente avevo qualcuno con cui dialogare, una voce che mi chiamava anche nel cuore della notte, che mi faceva battere il cuore, un orecchio a cui confidare ansie, problemi e paranoie, che improvvisamente svanivano.
Ho chiesto aiuto alla musica e lei mi ha teso una mano. Mi ha permesso di volare. Poi è arrivato il successo. È stato tutto enorme, anche le aspettative. Ansie, problemi e paranoie che la musica faceva svanire sono tornate. La soluzione era diventata il problema. Ovviamente mi è crollato il mondo addosso. Mi ha fatto cadere. E un’altra volta ho dovuto chiedere aiuto, e cercare qualcuno che mi tendesse una mano.
L'ex allievo del talent di Maria De Filippi non ha nascosto nel suo monologo il bisogno di andare in terapia. Ha chiesto un aiuto concreto di uno specialista, una persona che non ti giudica . Una scelta di cui ha smesso di vergognarsi.
Parole intense, in cui Sangiovanni ha voluto lasciare un messaggio: chiedere aiuto non è mai una debolezza,Sono andato in terapia. Ho pagato qualcuno per ascoltarmi. Non una madre, un padre o una fidanzata, ma qualcuno a cui puoi dir tutto senza il rischio di ferirlo, che non ti giudica, che sta lì per aiutarti a stare bene. Raccontarsi non è facile. Può essere doloroso. Ma la terapia è come la palestra: devi farla spesso e sentire la fatica, il sudore, i muscoli indolenziti. Sono sceso sul mio fondo e ho accettato la sofferenza che mi ci ha portato. E, anche se sono un privilegiato, so che ci saranno comunque momenti in cui soffrirò. Ma ho smesso di vergognarmene perché ho capito che in ogni forma di dolore c’è sempre una forma di dignità.
A volte mi sento forte, più spesso non mi sento in grado, ma quando succede ho imparato che posso chiedere aiuto e che qualcuno mi tenderà una mano. Chiedere aiuto non è una debolezza ma una forza. Fatelo, per tornare a volare.