Valentina Dallari, ex volto di Uomini e Donne, è tornata a parlare del periodo più buio della sua vita, quello che ha dovuto vivere a causa dei disturbi alimentari.
Abbiamo conosciuto Valentina durante il suo percorso al dating show di Canale 5. Una volta lontana dai riflettori, l'influencer ha iniziato a vivere un vero e proprio incubo. Ci sono voluti anni e cure appropriate per uscire da quel tunnel. Ad oggi, la Dallari si fa portavoce e testimone diretta, di come si possano superare certi ostacoli apparentemente insormontabili.
Durante un'intervista per La Repubblica, l'ex tronista ha spiegato come e quando si è resa davvero conto di avere un disturbo alimentare:
Me ne sono resa conto sei mesi dopo essere stata ricoverata. È stata mia sorella a comprendere la gravità della situazione. Io all'epoca vivevo a Rimini, non mi rendevo conto di non stare bene. L'anoressia porta con sé il disturbo della dismorfofobia: ti guardi allo specchio ma hai una percezione errata. Ho accettato di entrare alla Residenza Gruber, altra struttura creata in città da Seragnoli, in via Siepelunga, per chi soffre di disturbi alimentari per la mia famiglia. Sono rimasta dentro quasi un anno, non sarei qui a raccontarlo altrimenti.
Il percorso di guarigione è stato lungo e intenso ma a detta sua, l'approccio col paziente è fondamentale affinché si renda conto di ciò che gli sta accadendo:
È un luogo in cui dal custode allo psichiatra, dal nutrizionista al medico, tutti si prendono cura di te nel modo giusto. L'approccio al paziente è fondamentale, io nonostante abbia deciso di restare, ci ho messo sei mesi per rendermi conto del problema. È accaduto un giorno, mentre parlavo di cibo con lo psichiatra, per la prima volta, ho intuito che qualcosa non andava. Qualche giorno dopo, ero a tavola, stavo mangiando e mi sono accorta che mi tremavano le mani. È stato un percorso buio, faticoso. L'aiuto è arrivato anche dagli altri pazienti. Nascono amicizie profonde.
Un circolo vizioso, come lo descrive Valentina, dalla quale è davvero difficile venire fuori:
Ha deciso di condividere la sua storia perché si è sentita in dovere di essere da supporto a chi, come lei, ha combattuto e combatte tuttora una battaglia con sé stesso:Fragilità, rabbia e paura che trovano sempre nuove forme, rinascono ogni volta. Proprio come l'uroboro, il serpente che nella letteratura si morde la coda, simbolo di eterno ritorno: una fine che non è altro che un inizio.
Le ragioni sono tante. Perché è un tabù e difficilmente chi ne ha sofferto ne parla in prima persona. Perché quando ho iniziato a espormi sui social mi hanno scritto cose tremende. Frasi particolarmente pericolose per chi sta male. Così una volta fuori, anche se poi fuori non si è mai veramente, ho iniziato a condividere la mia esperienza, in tanti hanno iniziato a scrivermi, messaggi privati, privatissimi. Almeno un messaggio al giorno di chi cerca aiuto, cerco di indirizzare nei posti giusti. Di evitare ad altri le mie stesse sofferenze.
Tanto che la sua battaglia fa oggi il giro degli istituiti scolastici. E' proprio tra i giovani che il problema è fortemente diffuso:
Ho conosciuto Animenta, organizzazione no profit molto attiva tra i giovani, che ha come focus l'accettazione e tutto quello che ruota intorno ai disordini alimentari. Prima non mi sentivo ancora pronta per andare nelle scuole, è qualcosa che è arrivata con il tempo e la consapevolezza. Racconto che può succedere a chiunque, maschi e femmine, che non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. In tanti alla fine mi avvicinano, mi ringraziano, contattano l'associazione.